Un interessantissimo articolo a cura di uno dei professionisti di riferimento del nostro gruppo, il Notaio Daniele Migliori, che ti fornirà preziose informazioni in materia di prelazione agraria
La “prelazione agraria”: una fattispecie che presenta numerose incognite che è bene risolvere in maniera definitiva fin dal primo momento in cui si inizia una trattativa volta alla compravendita di una proprietà soggetta a tale tipo di prelazione.
Il problema principale che si riscontra in questa materia è rappresentato dall’estrema povertà delle norme vigenti, che ha dato adito ad una giurisprudenza sterminata, caratterizzata da un rilevantissimo numero di sentenze con le quali i Tribunali di merito e, da ultimo, la Cassazione sono stati chiamati a risolvere le più astruse problematiche.
L’art. 8 della Legge 26 maggio 1965 n. 590 stabilisce che l’affittuario, il mezzadro, il colono od il compartecipante, a parità di condizioni e purché coltivino il fondo da almeno due anni, hanno il diritto di prelazione in caso di trasferimento a titolo oneroso del fondo stesso.
Il proprietario del fondo deve notificare, con lettera raccomandata da inviarsi all’avente diritto, il contratto preliminare di compravendita nel quale devono essere indicati il nome dell’acquirente, il prezzo e tutte le altre pattuizioni. Il coltivatore deve esercitare il proprio diritto entro 30 giorni dalla ricezione della comunicazione.
La mancata notifica all’avente diritti gli consente di esercitare l’azione di riscatto nei confronti dell’acquirente, nel termine di un anno dall’avvenuta trascrizione dell’atto di compravendita.
Dal testo letterale della norma emerge che il primo soggetto titolare del diritto di prelazione rimane quindi colui che coltiva direttamente il fondo.
I presupposti per la nascita del suo diritto sono:
- che coltivi il fondo in base un valido contratto (affitto, mezzadria, colonia, etc);
- che coltivi il fondo da almeno due anni;
- che negli ultimi due anni non abbia venduto altri fondi rustici di imponibile fondiario pari ad € 0,52;
- che il fondo per il quale intende esercitare la prelazione, in aggiunta ad altri da lui già posseduti, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della propria famiglia.
La qualifica di coltivatore diretto non è legata all’iscrizione ad appositi albi.
A tal riguardo, la più recente giurisprudenza della Cassazione ha ribadito che non occorre un’apposita iscrizione al Registro Imprese o ad altri albi od elenchi, ben potendo tale prova essere fornita dal diretto interessato anche attraverso testimoni.
Ciò nonostante, nel corso del tempo, numerosi interventi legislativi hanno comunque ampliato il novero dei soggetti aventi diritto alla prelazione, introducendo ulteriori figure. Ad oggi possiamo quindi affermare che, dal punto di vista soggettivo, quando si parla di aventi diritto alla prelazione, si deve far riferimento ad un concetto più ampio rispetto a quanto originariamente previsto, al punto che dovranno essere considerati titolari del diritto di prelazione i seguenti soggetti:
- colui che, coltivando direttamente il fondo col lavoro proprio e della propria famiglia, rispetti i requisiti sopra indicati;
- l’imprenditore agricolo professionale (I.A.P.);
- le cooperative agricole di coltivatori della terra;
- le società agricole di persone.
Infine, è escluso che il diritto di prelazione spetti alle società di capitali, anche in presenza di soci che siano coltivatori diretti. Ciò vale sia nel caso di affittuario del fondo che di confinante.
In conseguenza di ciò, è di estrema importanza il lavoro di indagine che il professionista sarà chiamato a svolgere sul territorio, onde accertare la sussistenza dei così detti requisiti soggettivi del confinante, volendosi ribadire che la mancata iscrizione ad un qualche albo di coltivatori, non esclude comunque il sorgere del diritto di prelazione.
Nell’ipotesi in cui i terreni oggetto della vendita siano concessi a più coltivatori, titolari ognuno di un distinto contratto, si ritiene che ciascuno possa esercitare la prelazione sull’intero, tendendosi ad escludere, come si vedrà in seguito, la possibilità dell’esercizio di una prelazione parziale. Se poi, più di loro volessero esercitare contemporaneamente tale diritto, si dovrà ricorrere ai criteri preferenziali disposti dal D.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, cui si farà cenno successivamente.
Esaminato il caso del coltivatore diretto presente sul fondo, dobbiamo ora analizzare l’ipotesi più frequente nella pratica: ovvero quella della prelazione spettante ai confinanti.
L’art. 7 della L. 14 agosto 1971 n. 817 ha esteso la prelazione anche ai coltivatori diretti proprietari di terreni confinanti con i fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti. Come abbiamo visto, successivi interventi legislativi hanno esteso tale diritto anche alle cooperative agricole e alle società agricole di persone.
Tale situazione pone in essere problematiche ancora più numerose che il professionista è chiamato a risolvere, in occasione di una compravendita.
In primo luogo bisogna osservare che la prelazione spetta ai confinanti solo nel caso in cui sul fondo non sia già presente un coltivatore (secondo la definizione che ne abbiamo già dato e con uno dei citati contratti agrari).
Quindi, la presenza sul fondo in vendita di un coltivatore che non abbia esercitato tale diritto, esclude il sorgere del diritto in capo ai confinanti, anche allorquando quest’ultimo non abbia potuto esercitare la prelazione in quanto non abbia coltivato il fondo nei due anni precedenti.
Lo stesso discorso vale nell’ipotesi in cui oggetto dello sfruttamento da parte del terzo sia solo una frazione dell’intero compendio immobiliare posto in vendita. Come si vedrà, infatti l’esercizio parziale della prelazione è generalmente escluso, essendo ammesso solamente in particolari casi.
Dal punto di vista soggettivo, quando si parla di confinanti aventi diritto alla prelazione, si deve far riferimento alla medesima definizione già indicata in precedenza. Sono titolari del diritto di prelazione i proprietari dei terreni confinanti che siano:
- coltivatore diretto proprietario dei terreni confinanti sui quali non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari o compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti;
- imprenditore agricolo professionale (I.A.P.);
- cooperative agricole di coltivatori della terra;
- società agricole di persone.
Si segnala che il recente art. 8 della Legge 15 marzo 2024 n. 36, recante Disposizioni per la promozione e lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile nel settore agricolo, in vigore dal 10 aprile 2024, detta criteri di priorità nell’ipotesi in cui vi siano più confinanti coltivatori aventi diritto alla prelazione di cui alla citata Legge 817/1971. Prevede la norma che, in tal caso, tra più aventi diritto debba essere preferito:
- il titolare del fondo confinante che sia imprenditore agricolo di età superiore a diciotto anni ed inferiore a quarantuno anni compiuti;
- nel caso di società di persone e di società cooperative, almeno metà dei soci sia costituita da imprenditori agricoli di età superiore a diciotto anni ed inferiore a quarantuno anni compiuti;
- nel caso di società di capitali, almeno la metà del capitale sociale sia sottoscritta da imprenditori agricoli di età superiore a diciotto e inferiore a quarantuno anni compiuti e gli organi di amministrazione siano composti, per almeno la metà, dai medesimi soggetti.
Nel caso in cui il criterio anagrafico non sia determinante allora il legislatore sposa quello del livello di competenza e specializzazione, e pertanto, sono preferiti i giovani coltivatori diretti che abbiano le caratteristiche di cui all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2021/2115 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 dicembre 2021, e della pertinente normativa nazionale di attuazione.
Dal punto di vista oggettivo, quando ci si riferisce a proprietà confinanti si deve intendere due unità che abbiano la possibilità di formare un unico compendio. In passato si parlava di contiguità funzionale, ritenendosi che il diritto sorgesse allorquando i due fondi fossero funzionalmente collegati tra loro, anche se distanti o divisi da elementi naturali. Oggi, viceversa, prevale il principio per cui tale vicinanza debba essere sostanziale.
Infatti, nel tempo si è formata una solida giurisprudenza favorevole ad escludere il sorgere del diritto di prelazione allorquando tra le due proprietà vi sia un elemento tale da escludere una materiale e stabile contiguità. In particolare, si è accertato che non sorge il diritto di prelazione quando vi è una strada vicinale, anche non aperta al pubblico, un corso d’acqua, un fosso od un altro elemento atto ad interrompere il confine tra i due fondi.
Da ultimo si segnala una recente pronunzia della Cassazione che ha sancito il principio per cui:
“il diritto di riscatto del coltivatore diretto proprietario del terreno confinante, integrando una limitazione alla circolazione della proprietà agricola e dell’autonomia negoziale, spetta solo nel caso di fondi confinanti in senso giuridicamente proprio, ovvero caratterizzati da contiguità fisica e materiale, per contatto reciproco lungo la comune linea di demarcazione, non potendo essere esteso alla diversa ipotesi della così detta contiguità funzionale”.
Quindi, allo stato attuale si può affermare che la presenza di un elemento tale da interrompere la linea di confine tra le due proprietà esclude di fatto la possibilità di esercizio della prelazione da parte del confinante.
Un’ulteriore problematica, sorge allorquando vi siano più soggetti aventi tutti contemporaneamente diritto alla prelazione. In tal caso, può infatti verificarsi l’ipotesi che più d’uno manifesti la volontà di esercitare la prelazione.
In precedenza la giurisprudenza era orientata nell’ammettere l’esercizio parziale della prelazione. In pratica si riteneva che ogni avente diritto (diretto affittuario/utilizzatore del fondo o confinante) potesse esercitare tale diritto in proporzione all’attività svolta sul proprio fondo.
Oggi questo principio può essere utilizzato solo in forma residuale e soltanto quando la questione non possa essere risolta in base ai principi dettati dall’art. 7 del D.lgs. 18 maggio 2001 n. 228, il quale stabilisce che:
“Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui rispettivamente all’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, ed all’articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, nel caso di più soggetti confinanti, si intendono, quali criteri preferenziali, nell’ordine, la presenza come partecipi nelle rispettive imprese di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni, il numero di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell’articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999”.
Nel caso in cui il fondo confinante sia di più persone, anche per diritti reali di godimento (es nuda proprietà ed usufrutto) ciascuna di esse avrà il corrispondente diritto di prelazione e alla medesima dovrà essere notificato il contratto preliminare.
A questo punto ci si deve chiedere se il titolare del diritto, sia esso il diretto utilizzatore del terreno od un confinante, abbia la facoltà di esercitare la prelazione solo parzialmente: cioè, se sia possibile che uno o più titolari smembrino la proprietà, acquistandone solamente delle parti.
A tal riguardo si è dovuta nuovamente pronunciare la Cassazione la quale ha ribadito il principio per cui:
“Il proprietario originario, come non può essere privato del diritto di alienare l’intero compendio, così non può essere costretto ad accettare un prezzo inferiore a quello convenuto con il terzo”.
In pratica, il diritto del proprietario a vendere l’intero compendio prevale sul diritto del confinante ad acquistare la proprietà di una porzione dello stesso.
La stessa Cassazione ha quindi ribadito l’impossibilità di un acquisto frazionato quando il complesso dei terreni sia funzionalmente destinato all’esercizio di un’unica impresa oppure l’esercizio limitato della prelazione arrechi un danno patrimoniale al venditore che si troverebbe a percepire un prezzo inferiore a quello pattuito, rimanendo con solo parte della proprietà. Al limite, si potrebbe ritenere ammissibile l’esercizio di una prelazione parziale solo allorquando la porzione interessata dall’azione dell’avente diritto sia oggettivamente e funzionalmente autonoma dal resto del compendio, ed il suo acquisto non pregiudichi i diritti dell’alienante ad alienare l’intera proprietà per il prezzo complessivamente convenuto.
Infine, una questione rilevante riguarda la possibilità di rinunzia all’esercizio del diritto di prelazione.
Generalmente, l’orientamento prevalente non ammette una rinunzia preventiva così detta “generica”. L’avente diritto non può rinunziarvi prima che sia stato trovato un compratore e deciso un prezzo. La comunicazione deve essere effettuata in forma scritta, non essendo ritenuta sufficiente una mera comunicazione orale. Lo stesso vale per la dichiarazione di rinunzia che, ai fini probatori, deve essere rilasciata per iscritto dall’avente diritto. Invece, si ammette che l’avente diritto rinunzia alla prelazione partecipando direttamente all’atto di vendita, rilasciando apposita dichiarazione.
Ad ogni modo si ritiene che qualsiasi forma di rinunzia non possa prescindere da una completa e dettagliata informazione circa i termini del contratto, da fornirsi all’avente diritto.
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