Scopriamo insieme come la sentenza 8230/2019 della Corte di Cassazione ha cambiato il panorama giuridico italiano in tema di compravendita di immobili abusivi.
La sentenza 8230/2019 della Corte di Cassazione ha rappresentato un decisivo punto di svolta in materia di atti notarili relativi a immobili abusivi, introducendo nuovi principi in relazione alla loro nullità.
LA NULLITÀ DEGLI ATTI NOTARILI PRIMA DELLA SENTENZA
Prima della pronuncia della Cassazione, la disciplina della nullità degli atti di compravendita di immobili abusivi era caratterizzata da un fermo rigorismo.
In particolare il riferimento è alla L. 47/85 – Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie – che introdusse due distinti articoli (17 e 40) coi quali legava la commerciabilità degli immobili e la nullità degli atti notarili, alla dichiarazione di presenza dei titoli edilizi “rilevanti” (licenza edilizia, concessione edilizia, permesso di costruire, e loro versioni in sanatoria).
IL NUOVO ORIENTAMENTO DELLA SENTENZA 8230/2019
Differentemente dalla L. 47/85, nella sentenza 8230/2019 la Corte di Cassazione ha affermato che la nullità degli atti di trasferimento tra vivi è condizionata alla menzione degli estremi dei titoli abilitativi.
Secondo questo nuovo indirizzo, confermato anche dalla Cassazione Civile con ordinanza n. 7521/2022, devono ritenersi nulli solo gli atti nei quali, per dichiarazione del venditore, manchino totalmente gli estremi delle concessioni e/o permessi di costruire dell’immobile oggetto dell’atto di compravendita.
La Corte afferma sostanzialmente la possibile nullità o annullabilità dell’atto notarile di compravendita nel caso in cui, al suo interno, non venga inserita anche solo una concessione edilizia relativa all’immobile.
La stessa Corte precisa che gli atti notarili si ritengono validi qualora riportino gli estremi del titolo abilitativo (concessioni e/o permessi di costruire dell’immobile,) purché tuttavia tale titolo sia realmente esistente e si riferisca all’immobile oggetto dell’atto, anche se poi successivamente si scopra che il fabbricato era stato costruito in totale o parziale difformità dal titolo abilitativo.
Alla luce di quanto detto, l’immobile è incommerciabile e il relativo atto notarile di compravendita nullo se il venditore:
- non dichiara nell’atto in forza di quale titolo è stato costruito l’immobile che intende alienare, avendo cura di riportare gli estremi completi del titolo stesso (ad es. comune che lo ha rilasciato, data e numero di protocollo);
- dichiara che l’immobile è stato costruito in forza di un titolo abilitativo che poi si dimostri inesistente o riferito ad un fabbricato diverso da quello venduto.
Quindi, l’atto resta valido se il venditore dichiara in atto gli estremi del titolo in forza del quale è stato costruito il fabbricato, anche se poi si dimostra che il manufatto è stato realizzato in maniera più o meno difforme rispetto a quanto previsto dal titolo stesso.
PER CONCLUDERE
Dopo anni di incertezze tra le tesi di nullità sostanziale e nullità formale, la Corte ha sciolto definitivamente il dubbio riguardante la nullità generale degli atti notarili di compravendita, in funzione di difformità e abusi edilizi presenti nell’immobile.
Questo nuovo orientamento potrebbe incentivare una maggiore trasparenza nel mercato immobiliare, ponendo una maggiore responsabilità in capo alle parti coinvolte nei contratti di compravendita, in particolare i venditori, spingendoli a regolarizzare le situazioni abusive prima della vendita per evitare contestazioni future e assicurarsi il buon esito del processo di compravendita.
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